La politica? “Fàmola strana”
L’Aquila – (di G.Col.) – (Foto: Verdone e Claudia Gerini nel film Viaggi di nozze, con la memorabile battuta “fàmolo strano”) - Partita la buriana della campagna elettorale nei 53 comuni abruzzesi nei quali si voterà, il panorama è leggibile. Cosa suggerisce il nuovo, il “fàmolo strano”, in vista non del voto parziale e solo amministrativo del 6 maggio, ma del voto regionale e politico del 2013?
Tentiamo di interpretare i fatti, superando il punto di vista di coloro che la politica guidano dalla stanza dei bottoni. Ci pare di scorgere almeno due novità, e non sembrano trascurabili.
LE DUE NOVITA’ – La prima novità è che i partiti contano sempre meno. La seconda è che i veri innovatori, o meglio i più attenti interpreti degli umori (decifrabili) degli italiani, e degli abruzzesi (di solito omogenei alle tendenze nazionali), dai partiti si sono svincolati o vanno svincolandosi. La politica che verrà sarà, presumibilmente, molto diversa da quella attuale, anche sotto la potente spinta della crisi e della recessione economica. Come dire: in tanti hanno capito che occorre cambiare la vita italiana, e per cambiare ci sono due strade: la rivoluzione (poco praticabile) o le urne (più tranquillizzanti e comode).
I PARTITI – I partiti contano sempre meno. Il PdL ha faticato non poco per trovare un “suo” candidato a L’Aquila. Il PD teme di perdere terreno, ma continua caparbiamente a basare la sua strategia su attacchi contro Chiodi, così come faceva prima, attaccando Berlusconi ogni giorno. Non ha capito che dovrebbe invece rendersi più convincente e fare proposte. Magari prendendo quel che di buono c’è in chi governa.
L’IdV affila le armi, morde, e cerca ruoli oppositivi. Le estreme sinistre finiscono per sostenere i candidati vicini al PD. L’UDC insiste nel posizionamento ondivago secondo i casi e secondo i luoghi. L’area conservatrice e di destra sogna un polo dei moderati, che per ora non c’è, ma potrebbe anche nascere. Nei partiti, è certo, non ci sono più veri leaders, cervelli forti e pensanti, culture e menti di spessore. Solo avventurieri che tentano di tenere in piedi sistemi e meccanismi di potere. Un po’ fuori dalla storia, tutto ciò, a noi sembra. Ma potremmo sbagliare.
GLI INNOVATORI – Ne scegliamo tre: Giorgio De Matteis e Vincenzo Vittorini a L’Aquila, Giovanni Di Pangrazio ad Avezzano. Ma ce ne sono anche altri, altrove in Abruzzo.
I tre personaggi hanno deciso di scendere in campo con molte liste di appoggio, ma Vittorini solo una, davvero multiformi e multicolori, con nomi di persone senza passato politico, ritenute stimabili e attraenti per l’elettorato. I tre candidati non hanno tessere di partito, sono stimati e personalmente consistenti, tanto da poter sperare di coagulare consensi provenienti dalla base.
Dalla gente che vuole semplicemente sindaci bravi, nuovi, avvezzi a misurarsi con i problemi e non dipendenti dalla segreteria politica. Vittorini è un medico e sempre lo è stato, mai una tessera, mai un’incursione in politica. La catastrofe aquilana (che lo ha colpito personalmente) lo ha indotto a dare qualcosa, perché il domani sia migliore, perché la sua città rinasca non traballante e dominata da famiglie e cupole. Un’impresa erculea.
De Matteis e Di Pangrazio incarnano la novità, in uno scenario di maggiore notorietà già acquisita in precedenza. Possiedono il magnetismo necessario ad attirare gente di varia origine ideologica, o senza precise ideologie. I due sono, per quel che pare oggi, a meno di un mese dal voto, personaggi di svolta.
De Matteis ha un passato di militanza, sostanzialmente è un ex dc, ma oggi si pone come alternativa nel metodo. Blindato da una reputazione di efficienza e concretezza.
Di Pangrazio è un tecnico di alta qualità, un burocrate illuminato, un consumato servitore dello Stato, uno che sta sui problemi e si avvicina alle persone senza deviazioni politiche. Alla luce delle regole e delle leggi, non dei tesseramenti.
FRA UN ANNO – Nel 2013 questo tipo di personaggi potrebbe prevalere anche su scala regionale e nazionale, se l’elettorato mostrerà di gradire la depoliticizzazione (scusate la parolaccia) nel cuore delle istituzioni. L’Italia è ammorbata da partiti e politica, e si sfaldano persino le certezze di chi – con enfasi ingenua e fanatismo – aveva creduto in quella rodomontesca rivoluzione che voleva essere la Lega. Genialità iniziale, “machismo” grossolano ed efficace, ma default finale nel pieno della palude politica. Pecunia non olet,.. anche se italiana.
Se i nostri innovatori hanno visto giusto e lontano, lo sapremo. Di sicuro, “lo fanno strano”, come nel film di Verdone. Il verdetto è imminente, al 2013 delle urne manca poco.
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