Consorzi, come si elegge il Presidente?
- di Giampaolo Ceci –
È sorta recentemente una questione concernente le diverse interpretazioni da dare al dettato statutario sulle modalità di elezione del Presidente e su come si approvano le decisioni nelle assemblee dei consorzi obbligatori. Facciamo assieme alcune valutazioni per approfondire.
Nell’art 7 c4 della bozza di statuto allegata all’Ordinanza commissariale n 12 si legge:” 4. L’assemblea delibera, entro 30 giorni dalla sua convocazione di cui al comma 3, sulla nomina del Presidente, nonché sui punti a) ed e) del comma 3 con tanti voti che rappresentino la maggioranza degli intervenuti ed almeno la meta della superficie lorda coperta complessiva dell’aggregato, come definita all’art. 7, comma 16 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 novembre2009, n. 3820 e s.m.i.
Per prima cosa chiariamo chi può intervenire in assemblea. Evidentemente: solamente coloro che sono “… titolari di diritti reali immobiliari di proprietà, di usufrutto, uso e abitazione sugli immobili compresi nell’aggregato edilizio” e che abbiano aderito formalmente al consorzio.
L’art 7 c.6 ben chiarisce che, nel caso siano presenti in assemblea sia il /i proprietario e il detentore di altro diritto reale, il voto spetta al proprietario e quindi implicitamente che, qualora il proprietario non sia presente, il voto spetta al detentore del diritto reale.
Bisogna anche dire che l’art 13.c1 della bozza di statuto rimanda alle disposizioni del codice civile per quanto non disciplinato nello statuto
Sembra chiaro anche che le decisioni messe all’ordine del giorno divengono valide se approvate dalla maggioranza delle quote millesimali dei presenti in assemblea e dalla maggioranza assoluta delle teste dei presenti.
Per analogia col Codice civile, le decisioni divengono invece efficaci se non impugnate dai presenti entro trenta giorni dalla data dell’assemblea e, dagli assenti, entro trenta giorni dalla data dell’inoltro del verbale dell’assemblea in cui sono state assunte.
Bisogna fare menzione anche del caso che si verifica qualora alcuni proprietari delle unità immobiliari non aderiscano al consorzio perché resta indeterminato quando questi possano impugnare le decisioni consortili che ledano i loro diritti o arrechino danni alle loro proprietà.
La questione si semplifica se i non consorziati appartenessero ad un condomino regolarmente costituito ricompreso nell’aggregato perché in questo caso ogni decisione consortile diverrebbe certamente efficace e vincolante per tutti i condòmini se ratificata dall’assemblea condominiale con le maggioranze di legge.
Unico intoppo sarebbero i tempi decisionali perché anche in questo caso le decisioni condominiali potrebbero essere impugnate entro trenta giorni, che, coi trenta giorni del consorzio, fanno 60. Ovvero una decisione consortile diverrebbe sicuramente efficace dopo sessanta giorni (se non impugnata!)
Ma, la questione non è solo questa, perché in questo caso, seppure in forma lenta e complicata, almeno ci sarebbe una soluzione certa, tutto diviene più aleatorio se valutiamo le modalità di conteggio dei voti.
Il dettato statutario, infatti, può esser eletto in due modi diversi.
Il primo, secondo cui il numero delle teste per determinare le maggioranze sarebbe pari al numero dei soggetti che detengono un qualsiasi diritto reale (proprietà, usufrutto, uso e abitazione) in una qualsiasi unità immobiliare e che sono presenti in assemblea.
In questa ipotesi, le quote di proprietà sarebbero quindi slegate dall’unità immobiliare in cui sono collocate (ogni consorziato rappresenterebbe la sua quota di comproprietà riferita all’intero aggregato ed una testa, la sua).
Unico dubbio, come abbiamo visto, potrebbe riguardare le teste dei detentori di altri diritti reali sulle stesse unità immobiliari in quanto, sebbene sia stato chiarito nell’art 7 c 6 che non votano (in presenza del proprietario), resta però indeterminato se nelle votazioni contino o meno “una testa” essendo certamente ricompresi nel novero degli “intervenuti”. Sembra chiaro che il loro voto sia valido in assenza del proprietario (senza bisogno di delega).
Il secondo modo di leggere l’articolato fa riferire il numero dei votanti ai singoli rappresentanti di ogni unità immobiliare singolarmente presa.
Questa interpretazione implica che ogni singola unità immobiliare debba nominare un suo rappresentante che esprima un voto unico rappresentativo della volontà della maggioranza dei vari comproprietari.
In questo caso è l’unità immobiliare e non il singolo proprietario che conta. La dizione “gli intervenuti” dell’art7 dello statuto consortile in questa interpretazione va riferita ai “rappresentanti delle singole unità immobiliari” presenti e non a tutti coloro che sono fisicamente presenti.
Mentre nel primo caso, il limite del 50% delle teste necessario per l’approvazione della determinazione messa ai voti, è dato dal numero dei comproprietari presenti in assemblea, nel secondo caso il 50% è solo quello dei rappresentati delle diverse unità immobiliari che sono presenti in assemblea, ciascuno dei quali “pesa” molto più della sua comproprietà potendo rappresentare l’intera quota dell’unità immobiliare.
Un bel dilemma, perché, a seconda della interpretazione, cambiano tutte le maggioranze necessarie per la validità delle deliberazioni assembleari e quindi anche quelle per la alla nomina del Presidente!
Bisogna anche rimarcare che l’atto costitutivo di un consorzio è atto privatistico, ovvero ciascuna compagine sociale può darsi le regole che vuole, purché siano approvate dalla assemblea e soprattutto non siano mutevoli nel tempo.
A sostegno della prima ipotesi, ovvero che si debbano contare le teste dei presenti e le quote di proprietà di ciascuno di essi, c’é un’interpretazione letterale delle disposizioni della bozza statutaria che in effetti fa solo riferimento agli intervenuti e alle loro quote di proprietà slegandola dalle singole proprietà immobiliari di cui fanno parte.
Non vi sono particolari controindicazioni ad adottare questo criterio se non quello di dover rapportare in metri quadrati le quote di proprietà dei singoli comproprietari che di solito catastalmente sono indicate in frazioni di proprietà.
In questa ipotesi, in pratica, si annullano le singole unità immobiliari, pur restando queste efficaci ai fini della rappresentatività negli eventuali singoli condomini presenti nell’aggregato che, pur sempre continuano e che, non bisogna mai dimenticare, perché comunque le decisioni consortili devono essere ratificate dal condominio per essere valide e vincolanti anche per i condomini che non hanno aderito al consorzio!
Questa ipotesi consente di eliminare tutti i problemi legati alla determinazione del rappresentante della singola unità immobiliare in quanto non diviene più necessario individuarne uno.
Di converso si determina un peso anomalo nelle decisioni per quanto riguarda il conteggio delle”teste” per quelle unità immobiliari microscopiche che fossero possedute da un grande numero di proprietari che potrebbero anche bloccare con il loro numero ogni decisione o perché presenti o per delega.
Nella seconda ipotesi invece, quella che individua i votanti in numero pari alle unità immobiliari, le cose si complicano, ma sono più aderenti alle disposizioni del codice civile che hanno dato origine ad un corpus giuridico consolidato e sicuro.
In questo caso si deve procedere alla nomina di un rappresentante per ogni Unità immobiliare.
Se la cosa é semplice, qualora ci fosse un solo detentore del 100% della proprietà, diviene invece complicato qualora i proprietari fossero molti e magari vi fossero anche detentori di altri diritti reali e magari non tutti aderissero al consorzio.
Per avere chiarimenti comportamentali su queste modalità, bisogna fare riferimento all’art.13 dello Statuto che rimanda alle disposizioni del codice civile che a sua volta fa riferimento alle norme che disciplinano la comunione dei beni che stabiliscono all’art Art. 67 :” (Omissis) Qualora un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che e’ designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente. L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria delle parti comuni dell’edificio il diritto di voto spetta invece al proprietario. (art. 72 d.a.c.c.)”.
Nei Condomìni quindi la questione è chiara, bisogna usare la seconda ipotesi.
Nel caso vi siano più proprietari per la medesima unità immobiliare, questi devono quindi nominare un loro rappresentante che raccoglie i voleri e fa la conta delle maggioranze delle quote di proprietà della unità immobiliare.
Nel caso che nella stessa unità immobiliare sussistano proprietari e detentori di altri diritti reali, il voto valido per l’Assemblea consortile è quello del/dei soli detentori del diritto di proprietà. I proprietari decidono a maggioranza delle quote di proprietà possedute.
Bisogna vedere se la disposizione del codice civile sia impositiva anche per i consorzi o se i consorziati vi possano derogare e come.
Per quanto riguarda come procedere in concreto al conteggio dei voti in assemblea nei casi sopra esposti, la questione è semplice, ma articolata.
Lo spazio è finito. Se l’argomento fosse d’interesse dei lettori fatemelo sapere in qualche modo.
Potremmo parlarne in un prossimo intervento, se il direttore di questo sito vorrà gentilmente ospitarmi, ovviamente.
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