La puntura di Massimo
L’Aquila – (di Carlo Di Stanislao) – Confesso di averlo letto in ritardo, un colpevole ritardo e non solo perché l’autore, Massimo Gallucci, è un amico. Imperdonabile è stato il fatto che, conoscendolo, avrei dovuto sapere che Massimo sa scrivere e raccontare, non meno bene di come faccia il suo mestiere primario: il neuro radiologo.
La storia è a dir poco intricante. Una cartolina con un annuncio di morte. Le riflessioni di un commissario deduttivo. Una ragazza intraprendente con la vocazione dell’investigatrice e una competenza ossessiva su cinema e musica rock. Un gruppo di amici che fronteggia i moti degli animi e quelli di una terra improvvisamente irrequieta.
Ma è soprattutto lo stile che sorprende. Una maturità narrativa da romanziere (non solo giallista), navigato, a mezza strada tra Scebarnenco e Piero Chiara, con, in ogni pagina, rigo dopo rigo, umanità, compassione, violenza assoluta, spietata, bestiale, senso della giustizia, senso della colpa, storia tout court, grandissimo senso della narrazione e grande inventiva.
E, sullo sfondo, l’incombere di un sisma distruttivo, annunciato e continuamente disatteso.
Insomma “La puntura di Atlante” (Ed. Tracce, 2010, appena 16 euro), è stata una scoperta, tanto tardiva quanto esaltante.
Aldilà del proprio talento, Simenon aveva programmato la sua crescita come scrittore dandosi quindici, vent’anni per diventare romanziere. Ed ora mi chiedo da quanto tempo scrive Massimo Gallucci, se ha incubato un esordio così da romanzo.
Romanzo vero, autentico, che con scusa della detective-story contamina i generi e descrive, con acume e raffinatezza, luoghi e personaggi, con note chiaroscurali da esperto navigato.
Ma, soprattutto, come dicevo, nel piglio narrativo e nella scelta anche della sintassi, ho ritrovato in Massimo Gallucci, rivisitata in chiave originale, la parte migliore di quel narratore ineguagliabile che è stato Piero Chiara, scomparso da molto e da molto orbo di eredi.
Storie di persone comuni, di montanari, di trattorie e baretti; storie di giornate nebbiose o primaverili, di prati e montagne; storie tristi e storie comiche, con la scusa del giallo.
Questo è infatti l’orizzonte e la sostanza di “la puntura di Atlante” che tutti, dico tutti, dovrebbero leggere per apprezzare cosa sia davvero la capacità di narrare.
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