Quando L’Aquila era un posto normale
L’Aquila – Scrive Franco Taccia. “Subito dopo il sisma si è assistito ad un proliferare di iniziative estemporanee, tutte valide se prese singolarmente ma, assolutamente inconcepilbii nell’ottica della ricostruzione de L’Aquila, se inserite in un contesto unico.
Da mesi si sente come un ritornello martellante della necessita’ di creare nuovi centri di aggregazione.
Bene, anzi male, perche’ sfugge a chi se ne fa promotore, cosa fosse L’Aquila prima del 6 aprile.
Fatte le debite proporzioni era una cittadina come Viterbo, Chieti, Perugia, Siena, Trento, Lanciano, tutti luoghi dove da secoli l’aggregazione consiste nello “struscio” per i vicoli del centro storico, sotto i portici, all’uscita da scuola e per i viali delle ville comunali, con gli anziani che da secoli si incontrano nella piazza principale e dove la gente del circondario arriva ogni momento. Dove i ragazzi del “50 hanno consumato decine di suole di scarpa tra una “vasca ” e l’altra, imitatando quelli del “40 e seguiti dalle generazioni piu’ recenti.
Era un posto definito a misura d’uomo, dove prendevi l’auto, pur abitando in periferia, il minimo indispensabile e non facendo 50 km al giorno come adesso, dove andavi in Piazza per il mercato e con una “botta” anche alle Poste o alla Banca D’Italia o in uno degli sportelli bancari sparsi per il centro, o in farmacia o a prendere il caffe’ al Bar ……. o le pastarelle
da……. o da ……….
Avevano ragione quelli che da subito dicevano: tutto come era prima e dov’era prima, con l’ovvio distinguo legato alla evidenza delle case fatte sulla “faglia” o su cavita’ sotterranee.
Adesso si progetta un teatro dentro al parco del Castello, dove da secoli la gente andava a spasso fra gli alberi, un mercato a Piazza D’Armi che doveva essere un polmone verde e che, tra le palazzine della GG/FF e la Chiesa annessa(o viceversa) alla Mensa di Celestino ( meravigliosa iniziativa, ma proprio li doveva sorgere?) non sara’ piu’ neppure una “valvoletta” verde, altro che polmone. Una citta’ nella quale quando si parla di verde pubblico si pensa solo a mettere cemento intorno alle aiuole, agli alberi, a costruire parchi giochi dove invece degli alberi e dei prati regnano cemento, ferraglia e plastica.
Era una citta’ dove ci si muoveva e ci si incontrava.
E adesso, con la storia dei centri di aggregazione, si crede che facendo un campo di bocce a Sassa 1 o un campo di calcetto a Bazzano 3 i ragazzi vivranno felici nei “progetti case” e non sentiranno piu’ la voglia di scappare a chiudersi nei bar e che i piu’ anziani non soffriranno perche’ non passeggiano dove sono vissuti per 50 anni e oltre solo perche’ a Bazzano 5 o Gignano hanno costruito un MAP o un RPD (rifugio provvisorio /definitivo) per giocare a briscola. Non sara’ piu’ la citta’ delle 99 piazze, chiese, fontane ecc ma se si continua così potrebbe diventare quella dei 99 teatri, mentre meta’ della popolazione è emigrata verso posti “normali”.
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