Quell’uomo doveva essere aiutato
E’ un gesto tragico, emblematico, insopportabile il suicidio dell’imprenditore di Villanova di Cepagatti, distrutto dalla crisi, dai debiti, dal crollo degli affari, dai crediti non onorati. Il dolore e la retorica che si sfoderano in questi casi, per poi dimenticarli in fretta, cancellarli e badare ognuno ai guai suoi, non debbono bastare.
Le istituzioni, la politica, ma anche le banche e le organizzazioni di categoria debbono interrogarsi ma soprattutto impegnarsi perchè non accada più niente del genere. Quell’uomo, che tutti descrivono come laborioso, dignitoso, doveva essere aiutato. Come dovranno esserlo tutti coloro che compongono coraggiosamente un tessuto sociale e produttivo, in cui vivere diventa sempre più difficile. E’ impossibile che un imprenditore debba rinunciare alla vita, alla famiglia, al futuro, dopo aver lavorato da persona per bene rispettando regole e leggi, perchè la collettività non riesce ad aiutarlo. Debbono esistere strumenti, leggi, risorse per tenere in vita chi lavora e dà lavoro, e probabilmente esistono, sia pure imperfette e viscose. La crisi è innegabile, colpisce tutti, riguarda tutti noi, ma lasciando che un uomo non trovi soluzioni (se non quella di togliersi la vita) per problemi di lavoro e di mercato, non è sano, non è utile, non è civile. Ora si leverà il coro delle parole inutili, si diranno cose inutili, poi si dimenticherà tutto. Fino al prossimo suicidio. E’ il segno più autentico del nostro degrado collettivo, della profonda immoralità della società in cui viviamo. O siamo costretti a morire.
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