I terremoti aquilani


L’Aquila – MINISTRO BARCA, CI PENSI SU – Caro Ministro Barca, ormai lei è un amico per L’Aquila e oggi torna – in poco tempo – per la seconda volta. E’ lontano dai record berlusconiani (27 visite), ma sulla buona strada. Comunque, molti le vogliono già bene e sperano, anzi confidano in lei. Se tanto ci dà tanto, dai tecnici montiani possiamo aspettarci un barlume di risolutezza. Caro Ministro, se cortesemente ha pochissimo tempo per queste modestissime righe, accetti un suggerimento: ci pensi su. Questa che lei visita e rivisita è pressochè una città morta, che perde abitanti a migliaia (pare ne siano andati via davvero tanti, lo dicono – anche se tenuti nascosti – i dati su rifiuti, consumi elettrici e idrici, e così via), ma soprattutto perde fiducia e voglia di continuare ogni giorno che trascorre. Non c’è voglia di rivedere il Sole, di alzarsi dal torpore del letto la mattina.
Le suggeriamo in pochissime parole alcuni argomenti rilevanti.
Prima di tutto, elimini chi è risultato, in tre anni, del tutto inutile. Che vi siano persone e titolari di incarichi del tutto inutili, lo dicono i terremoti aquilani. Ce n’è stato uno fisico, e poi diversi altri.
-C’è il terremoto della non ricostruzione: neppure un cantiere.
-C’è quello della totale disarticolazione economica dell’area terremotata: precari, disoccupati, poveri. Commercio alla canna del gas. Artigianato allo sbando. Industria malferma. Aziende che chiudono o che non arriveranno mai. Imprenditori che vanno via, sfiancati da burocrazia, inerzia, infiniti bisticci tra istituzioni, confusione, ritardi, assenze.
-C’è quello dello sfilacciamento sociale e psicologico, dell’azzeramento di identità, delle grandi periferie desolanti che hanno soppiantato una città del tutto cancellata. E’ come una vetrata sfondata, con tanti frammenti taglienti rimasti nella cornice.
Il suo compito, Ministro Barca, è arduo, impegnativo e somiglia terribilmente alle fatiche di Ercole. Oggi e domani la riempiranno di parole, documenti, doamnde (anche insulse), richieste, proposte, idee vere o presunte, pressioni, colloqui confidenziali. Poi lei andrà via e penserà al da farsi, da tecnico e da uomo pragmatico.
Se permette, il da farsi è sintetizzabile: tutto. Fatte le case e spesi mari di quattrini in puntellamenti, il resto è rimasto al nastro di partenza. Tranne qualche decina di rotatorie spuntate ovunque, la città ancora abitata sta peggio di prima. Soprattutto perchè, dopo tre anni, è duro nutrire ancora qualche fiducia. Speranze sì, tante. Come lei sa, la speranza non muore mai. Si lascia spesso in eredità, perchè muoiono quelli che le nutrono.


16 Marzo 2012

Categoria : Cronaca
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