Zona franca o di bronzo?


L’Aquila – (di G.Col.) – (Immagine: manifesto di uno spettacolo dell’abruzzese Grazia Succimarra) – La notizia di ieri (niente zona franca per L’Aquila) non è una notizia, a rigore di termini. Da mesi tutti sapevano che la ZFU tanto sbandierata per tre anni, non sarebbe mai arrivata. Del resto, dopo tre anni, chi ci credeva più? C’è da chiedersi se la zona sia franca o le facce di bronzo. Opteremmo per la seconda ipotesi. Zona di bronzo, quindi. Potremmo riesumare tutte le dichiarazioni e gli impegni – spesso anche solenni – dei politici su questo argomento, ma non lo facciamo per non amareggiare la vita di chi legge. Basterà dire che molti hanno portato avanti questa bubbola usandola a proprio tornaconto, pur sapendo che la ZFU non era un progetto realistico. Forse neppure credendoci.
Sarebbe stato molto più onesto dire: ci abbiamo provato, ci era venuta in mente questa idea nel momento dello sbandamento post-sisma, ma non ci siamo riusciti. Magari anche per volontà superiori, che albergano nelle caliginose metropoli dell’Unione Europea. E gli aquilani avrebbero, forse, anche masticato amaro, ma capito che non si può vivere – nel cuore di una crisi economica globale – di elemosine, elargizioni, soldi fatti piovere dall’alto. C’erano situazioni tragiche da sanare, tipo quella greca. La UE pensava ad altro, e del povero Abruzzo aquilano francamente se ne infischiava, come il capitano di Via col vento.
Del resto, L’Aquila ha avuto dei benefici: soldi per la ricostruzione (che ancora non sa spendere), soldi per le case, le scuole, le strade, le autonome sistemazioni, e riduzioni di tasse e balzelli. Non si può dire che non abbia avuto.
Si può dire, invece, che non riesce a venir fuori dai pasticci interni, dalla “sua” maniera di gestire, dalla “sua” politica, dalla “sua” inettitudine che pare inchiodata ad un malefico DNA. Dai litigi, dalle rivalità, dalle guerre intestine. Pensate solo alla battaglia quotidiana contro Chiodi e alle liti che stanno imperversando dentro l’Università. Pensate alle inchieste giudiziarie, alle infiltrazioni malavitose, alle macerie, a tutto ciò che fa di questa città, una civitas sbrindellata e stracciata, peraltro ancora coricata tra rottami e rovine.
La presa di distanza dell’UE potrebbe essere un salutare stimolo a cambiare tutto, a rinvigorire chi ha emergie ed idee, a impinguare forze e compagini nuove: a voltare pagina. Troviamo il modo di uscire dal viluppo malsano che soffoca la città. Troviamo teste e cervelli nuovi, e non ne troviamo, invochiamoli da fuori. Ritiriamo la mano tesa per le elemosine, e riacquistiamo un minimo di dignità e autostima. Altro che zona franca e altro che cialtronerie rivelatesi tarocchi storici.


13 Marzo 2012

Categoria : Cronaca
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