Ricostruzione, scandali e ritardi
L’Aquila – (di Umberto Trasatti, CGIL L’Aquila, foto) – L’atto di accusa e le critiche che autorevoli giornalisti italiani hanno rivolto al blocco della ricostruzione post-terremoto fotografa la dura realtà di quanto accade nel capoluogo. Una realtà che la Cgil in questi tre anni non ha mai smesso di denunciare, consapevole che la tragedia aquilana è stata trattata in maniera molto diversa rispetto a tutte le altre catastrofi che hanno colpito il nostro Paese.
Ora, a parte il doveroso e giusto richiamo di Stella e Rizzo, che sulle pagine del Corriere della Sera sottolineano la “rissa politica continua, estenuante, sul cosa fare dopo… travasata via via nelle varie campagne elettorali”, resta tuttavia da chiarire quale peso ha avuto e quali ritardi ha causato la scelta governativa di utilizzare lo strumento del commissariamento, di un gruppo di persone nominate a Roma che hanno espropriato i Comuni colpiti della loro autorità e del loro ruolo.
Una scelta che poteva andare bene subito dopo la catastrofe, al culmine dell’emergenza, quando l’urgenza degli interventi rendeva indispensabile una struttura di comando veloce e flessibile, ma che si è rivelata sbagliata e inadeguata per la ricostruzione, quando il commissario e i suoi vice hanno di fatto ostacolato l’avvio dei lavori pesanti con una sequenza incredibile di ordinanze, norme e cavilli (anche contraddittori tra di loro) che hanno fatto perdere tempo e bloccato i cantieri.
D’altra parte non è il primo caso di strumenti straordinari messi in campo in situazioni che richiederebbero procedure di scelta e iter amministrativi affidati a chi ne ha normalmente la responsabilità. Così, mentre alla Protezione civile furono impropriamente affidate le cosiddette “grandi opere” (con i risultati che conosciamo), al commissario alla ricostruzione sono state affidati i compiti che di solito svolgono gli enti locali, di fatto espropriandoli delle loro funzioni. Il Comune dell’Aquila inoltre, il più colpito, per due anni di seguito ha avuto persino il bilancio bloccato, perché i fondi correnti sono stati stanziati con mesi e mesi di ritardo.
Questo è accaduto con il precedente governo. Oggi il premier Monti sembra aver capito la necessità di cambiare passo e accelerare i tempi, anche perché lo stato di emergenza non solo non avvia i cantieri ma causa lo sperpero di risorse pubbliche. La Cgil confida nel fatto che questa volta non ci si limiterà ai soliti annunci, e come sempre vigileremo su quanto accade e se necessario denunceremo eventuali blocchi e ostacoli.
E tuttavia resta un punto delicatissimo sul quale il commissario Chiodi deve dare a tutti i cittadini una risposta convincente: perché non si dimette oggi, subito, senza aspettare le elezioni comunali all’Aquila? Perché perdere altri quattro mesi? Che relazione hanno le elezioni per il sindaco con il fatto che la scadenza del commissariamento viene rinviata?
Da ultimo il Piano di ricostruzione che il consiglio comunale aquilano ha approvato all’unanimità, con il voto favorevole di tutti i partiti. Il commissario Chiodi, invece di firmare subito l’intesa sbloccando la situazione, ha detto che lo farà solo a giugno. Anche in questo caso Chiodi mostra un atteggiamento dilatorio, anche in questo ci fa perdere tempo. Perché non mette la firma subito? Perché non prende atto che la città ha fatto le sue scelte e ha espresso una volontà precisa? Tutte domande che attendono una riposta.
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