Il Ministro Barca sia benvenuto
Gentile Ministro Barca, non glielo dirà nessuno, ma lei arriva in una terra in cui ancora sopravvivono le baracche costruite (evidentemente bene) dopo il terremoto della Marsica del 1915. Glielo diciamo noi. Lei giunge in una città che aveva solo una precisa, forte caratteristica: era stracolma di incompiute, opere progettate, iniziate e mai finite. Una, la metropolitana, giganteggia nella dimensione dell’assurdo.
Lei visita una città in cui la politica degli ultimi 30 o 40 anni ha prodotto guasti e declini, crisi, errori, risse feroci, liti, contrapposizioni e alla fine la rovina economica e sociale della collettività . Persino la fine pietosa del Gran Sasso, ricchezza naturale valorizzata soltanto – questa è la verità – dal regime fascista. Lei entra in un finto capoluogo di una Regione piena di doppioni e sprecona. Con tanti dolorosi avvenimenti giudiziari. Ultimamente, anche inquinata dal malaffare di grosso calibro, in odore di mafia. Un disastro, quello del 2009, ha alla fine distrutto il centro, cancellato l’identità aquilana, e sono tre anni che non accade nulla, dopo i primi febbrili (e utili) interventi. Infine, c’è il processo alla Commissione grandi rischi che tira in ballo lo Stato.
Lei sa che Gianni Letta non è riuscito, pur essendo un uomo di valore e di riconosciute qualità , a sbloccare la ricostruzione. Del resto, il piano per tale ricostruzione è arrivato solo pochi giorni fa. Come uomo dello Stato, come persona di profilo ben noto, lei, signor Ministro, sia il benvenuto. Sia anche l’ancora delle speranze aquilane, se qualcuno ne ha ancora. Ricominciamo da capo con lei. Abbiamo un residuo di forza e di speranza, ma solo perchè, lei lo sa, la speranza è l’ultima a morire. Ci aspettiamo solo di riavere una città in cui tentare di contare su un domani, tra disoccupati e precari. Ci pare il più elementare dei diritti. Nel 1703 ci riuscirono: avevano dei politici migliori? Buon lavoro.
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