Uffici e scuole, teneteli chiusi
Dimostrato che non siamo in grado di fronteggiare situazioni di maltempo accentuato, sarebbe ragionevole che le autorità decidessero di chiudere scuole e uffici almeno fino a sabato, riaprendo – se sarà possibile – lunedì. Non sappiamo se il prefetto o il sindaco si rendono conto cosa voglia dire, ad esempio, per uno che risiede tra le muraglie neve di Montereale o Cagnano Amiterno, incamminarsi la mattina per andare a scuola o in ufficio a L’Aquila. Ufficio in cui non troverà quasi nessuno, e magari i caloriferi spenti. O la corrente interrotta.
Noi siamo fragili, totalmente incapaci di organizzare persino una sagra di paese senza combinare pasticci e confusioni. Siamo inetti quasi sempre al cospetto dell’ordinario, figuriamoci di un metro di neve. Noi siamo una spiaggia dei Caraibi, mica una terra di montagna. Noi siamo inadatti a pensare, prevedere, organizzare, ipotizzare e agire di conseguenza: se tutto fosse organizzato, nessuno potrebbe in qualche modo guadagnarci sopra.
Nel 1961 lavoravamo al Messaggero. Una notte cadde tanta neve e la statale 17 restò bloccata a Sella di Corno. Bisognava andare ad Antrodoco a prendere il pacco dei giornali che arrivava verso le 3 del mattino da Roma. Il capo redazione, Remo Celaia, convocò il meccanico Stalino che aveva una jeep Willy, catenata su quattro ruote, tendinata, residuato bellico. A bordo mettemmo coperte, cibo, vino e una tanica di benzina. La jeep passò a Sella di Corno e tornò indietro con i giornali conferiti alle edicole. Un’impresa, organizzata in un’ora. Nessuno riuscì il giorno dopo a uguagliare la jeep di Stalino, che saliva nella neve alta un metro con la prima ridotta. Accimò, scese ad Antrodoco, e poi dietrofront. Avvenne perchè eravamo in tre o quattro a volerlo e a farlo. Qui sono mille, ma non si sa che vogliono…
Non c'è ancora nessun commento.