Turismo? Sciatto e anche insicuro

E’ probabile che il giovane sciatore romano morto a Ovindoli domenica 22, schiantandosi contro un cannone sparaneve, sarebbe ancora vivo, se avesse indossato il casco. O sarebbe ferito, ma vivo. Invece è morto perchè sfrecciava sulla pista Settebello, non aveva il casco, ha perso il controllo ed è finito contro la base metallica dell’impianto. Che descrivono come segnalato, protetto e collocato a regola d’arte. Ma questo lo dirà l’inchiesta.
Possiamo invece dire subito che il nostro turismo invernale è sciatto, quasi ovunque mal organizzato, mal promosso, mal sostenuto, e anche pericoloso. In questo paese di montagne, e in questa regione con oltre venti stazioni invernali, non è obbligatorio indossare il casco. In moto sì, sugli sci no.
Vai a capire la ratio di un’omissione legislativa che non ha nè capo nè coda, sulla quale la Regione (alla quale ahimè spetta occuparsi di turismo, Dio ce ne guardi…) non ha mai detto o fatto nulla. Ci vuole una legge? L’Abruzzo, paese di monti e sciatori, la solleciti, la pretenda, o almeno convinca i gestori a imporre il casco sulle loro piste. S’inventi qualcosa, magari uno sconto per chi s’infila la protezione in testa, o un’opera di convinzione e di educazione all’uso della neve. E’ straziante che un giovane muoia sciando. E’ anche barbaro e inaccettabile.
Turismo non significa solo guadagno, timore reverenziale verso i potenti gestori degli impianti, gli albergatori, i santoni del lucro bianco. Per decenni abbiamo dovuto spendere somme enormi per soccorrere imbecilli in brache di tela e maglioncino che andavano a 2.000 metri e poi ci rimanevano come tonti, bloccati dalla montagna. Non dobbiamo ora sottovalutare i rischi degli sciatori, ormai tanti e ovunque, che vanno a 100 orari senza casco. Corriamo ai ripari con un minimo di polso e di autorità, a muso duro. Qualche volta ci vuole.