Grandi rischi? Siamo impreparati
Dal processo alla Commissione Grandi Rischi, in corso in tribunale, a L’Aquila, emerge un grande rischio: che ci capiti qualcosa di brutto. Oltre a quello che a L’Aquila è già capitato, naturalmente. Quando la città tremava, quando il terremoto cominciava a infrangere case, vite e menti della gente, nessuno sapeva cosa fare. Un illustre scienziato diceva: “Terremoti qui ci sono stati e ci saranno sempre. L’unica difesa è fare case sicure”. Parole sagge, ma parole. Case non sono state rifatte, tanto meno sicure: ricostruzione uguale a zero. Oltre 1000 giorni dopo, questo è quanto.
Previsioni sui sismi non erano e non sono possibili. La scienza vagola, si sforza, indaga, cerca, ipotizza. Deride chi crede nel gas radon, ma non sa andare oltre. Non è consolante. Nei recenti terremoti del Teramano, è apparsa una situazione amaramente simile a quella aquilana, come prevenzione e organizzazione di fronte ad un disastro: praticamente niente. Solo la speranza che non accada nulla. Intanto, come ammonisce Chiodi, 2 miliardi di euro se ne sono già andati…
Nell’animo sconfortato di chi vive da queste parti, si fa largo la convinzione che non siamo preparati ai grandi rischi: siano sismici, siano alluvionali o idrogeologici, oppure ambientali. Sia semplicemente un fiumicciattolo come il Vibrata che nel marzo 2011 fece danni e paura, e ora è tale e quale a com’era. Una piccola situazione, ma significativa. Tocchiamo ferro. E’ l’ultima speranza.
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