Liberalizzazioni, lavoro e altri piani
(di Carlo Di Stanislao) –
Secondo il superministro Passera ora il governo varerà un decreto al mese sul tema delle liberalizzazioni e già sono sul piede di guerra tutte le categorie, soprattutto quelle che hanno già rintuzzato attacchi da sinistra (taxi e farmacie) e da destra (avvocati), con operazioni più ad ampio raggio che riguarderà anche gas, energia, commercio, trasporti. Saranno toccati tutti i settori per creare crescita sostenibile e tutti, dice il ministro, dovranno fare la oro parte, senza distinguo o lamentele.
L’altro tema sul tavolo (in verità ancora ingombro e piuttosto confuso) del governo, è quello del lavoro, che la Fornero che incontrerà i sindacati ma intende marciare speditamente nel tentativi di mettere insieme flessibilità e sicurezza, ovvero maglie più larghe in uscita a fronte di adeguate tutele per i lavoratori, con una disponibilità di massima a discutere di nuove regole già arrivata sia dai sindacati che dalle organizzazioni datoriali. La proposta del governo quella della versione Ichino, con una evoluzione più vicina alla versione Boeri-Garibaldi e la sua evoluzione legislativa: il disegno di legge Nerozzi (Pd).
La base del lavoro è il contratto unico, o meglio come preferisce chiamarlo il ministro il ‘contratto prevalente’, ma ci sono da discutere anche una serie di asimmetrie e di dualismi che riguardano i precari e, ancora, gli ammortizzatori sociali che debbono essere resi adatti a proteggere tutti i lavoratori e non solo ‘i garantiti’. Intanto, per recepire denaro, Monti ripensa ai suoi anni giovanili accanto al Nobel James Tobin, con cui prese la specializzazione a Yale, che pensava ad una imposta che potesse colpire tutte le transazioni sui mercati valutari per stabilizzarli, penalizzando le speculazioni valutarie a breve termine e contemporaneamente r procurare delle entrate da destinare alla comunità internazionale.
Da 40 anni di acqua ne è passata sotto i ponti e ora la ‘Tobin’ è pensata solo per le transazioni finanziarie, con obiettivo di far pagare al settore della finanza il suo prezzo della crisi e di scoraggiare il trading ad alto rischio. L’idea piace a Francia e Germania, ma no a Londra, poiché la City senza dubbio la capitale finanziaria del pianeta, la considera negativamente. Ha detto due cose, intervenendo ieri alle celebrazioni per i 215 anni del Tricolore, il premier Mario Monti.
La prima per sottolineare come sia “inammissibile che una quota importante di ricchezza sfugga alla tassazione accrescendo la pressione tributaria su chi non può sottrarsi al Fisco”. La seconda in direzione dei partone europei e soprattutto della Germania, anche lei non forte a sufficienza per poter fare da sola e, pertanto, chiamata a fare i compiti a casa e a mediare. Monti, di ritorno da Parigi dove ha incontrato il presidente Sarkozy, pare procedere dritto sulla strada che ha tracciato per rilanciare il paese e fargli riconquistare la fiducia in Europa e nel mondo.
E a Reggio Emilia è tornato a battere su alcuni paletti sui quali lavorare nelle prossime ore e nei prossimi giorni, anche in vista delle consultazioni annunciate con i partiti e le parti sociali: liberalizzazioni, che devono essere “equilibrate, pragmatiche ma non timide”, lotta alla corruzione attraverso una “scossa” e una “accelerazione potente” e battaglia contro gli italiani furbi e “disonesti”. Ma, soprattutto, sa che dovrà essere convincente e fermo negli incontri delle prossime ore con la Merkel e poi quelli sul piano europeo, avendo come termine ultime per presentare il suo piano agli altri del Continente,
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