La crisi: sfida per un cambiamento
( di Scipione L’Aquilano *) –
Che lo si voglia o no, la crisi esiste. E sta cambiando le condizioni di vita di milioni di persone, in molti Paesi, di sicuro in Italia: aumentano i poveri, sempre più aziende chiudono, si rischia di essere tagliati fuori dallo sviluppo mondiale, declassati a paese di serie B, cresce la sfiducia al limite della depressione. La crisi sta provocando reazioni diverse, spesso determinate dal prevalere di due tendenze contrapposte:
• subirla, pensando di esorcizzarla e di superarla addossando le colpe su qualcuno (che sicuramente esiste ed ha più responsabilità di altri). Ma così facendo non si produce alcun cambiamento, se non quello di aumentare il lamento che può finire nella disperazione.
• Ignorarla, dopo averla provocata, continuando a comportarsi come se nulla fosse e soprattutto senza mettersi minimamente in discussione.
E’ irrazionale pensare che basti essere contro qualcuno per sconfiggere la crisi, peggio ancora è negarne l’esistenza.
La realtà , infatti, ci rimette continuamente in moto, provocandoci e portandoci a prendere posizione di fronte a ciò che accade. Questa consapevolezza ha costruito la storia millenaria dell’Occidente. E a dispetto di ogni dualismo o manicheismo – per cui il male è sempre da una parte ed il bene sempre dall’altra – ha permesso di costruire il futuro proprio accettando le sfide della realtà , rispondendo ad esse con intelligenza, creatività e capacità di sacrificio. Certo è pur vero che esistono il disagio ed il disorientamento che spingono a volte ciascuno a muoversi in maniera solitaria e a compiere scelte di vita sempre più fragili. La crisi va vista invece come una opportunità : essa, infatti, costringe a rendersi conto del valore di cose a cui non si pensa finché non vengono meno: per esempio il lavoro, la possibilità dell’abitazione, i risparmi, l’istruzione dei figli e perfino la famiglia …
Del resto, l’Italia di crisi ne ha attraversate tante anche negli ultimi 150 anni, ma in fondo ha saputo sempre reagire mettendo in gioco la capacità di cambiamento che ha posto le premesse per un continuo inizio – tanto nuovo quanto imprevedibile – della convivenza sociale. In primo luogo occorre essere leali e ammettere che le ideologie non pagano più, che lo statalismo fa sprofondare nei debiti e che la finanza non salva l’uomo. In secondo luogo, bisogna riconoscere che nella situazione attuale sono reperibili le tracce di un cambiamento positivo.
Alcuni esempi. Ci sono persone che non si lasciano trascinare dal flusso delle cose, ma remano controcorrente anche a costo di grossi sacrifici, e per questo sono riconoscibili, persone che si sono rimesse in azione senza aspettare anche altri – sempre altri – risolvano i problemi. Non potendo cambiare tutto subito hanno cominciato a cambiare loro.
• Molte famiglie che potrebbero sfaldarsi sotto l’urto delle difficoltà economiche, scoprono il valore di fare sacrifici, magari per garantire a tutti i costi l’educazione e una buona istruzione dei figli, fino al punto di accettare grandi rinunce in famiglia e creando reti di solidarietà e risparmio con altre famiglie.
• Nel campo della formazione professionale, segnato dal perdurare di grande clientelismo, nascono realtà che tornano ad insegnare ai giovani un mestiere.
• Si incontrano sempre più spesso insegnanti che, in un mondo scolastico statalizzato e burocratizzato, si pagano di tasca propria quell’aggiornamento professionale che nessuno assicura loro d’ufficio.
• Ci sono imprese che, pur tra mille ostacoli, hanno accettato la sfida e stanno innovando e creando occupazione aumentando il fatturato, anche se da sole non riescono a sostenere l’Italia.
Ma che cosa accomuna tutti questi tentativi positivi di cambiare la realtà ? La convinzione che la realtà , anche quando appare – come vediamo oggi – negativa e difficile, rimette in gioco la voglia di conoscere, di costruire, di impegnarci, sebbene sia stata oscurata e mortificata da anni di omologazione del potere. Allora la strada per non subire da rassegnati la crisi è vivere la realtà come una provocazione che ridesta il desiderio e la domanda che, per quanto riguarda l’Italia, significa soprattutto ingegno, conoscenza, creatività e forza di aggregazione. Quindi la crescita e la ricchezza si ricreano da quell’imprevedibile istante in cui un uomo genera novità , prodotti, servizi, valore aggiunto, bellezza per se e per gli altri. Soprattutto nei momenti di crisi questo desiderio in azione è il più potente fattore che fa rinascere la certezza e la fiducia.
Ma solo se sono collocati dentro un popolo il desiderio ridestato e i tentativi che nascono dalla persona hanno possibilità di durare. E il popolo è un mettersi insieme della gente non nella provvisorietà di un tornaconto, ma sostanzialmente. Non contro un nemico ma per un bene desiderato e perseguito. Per questo la distruzione della ricchezza espressiva ed associativa di un popolo è l’anticamera dell’uccisione del desiderio. Le scelte politiche devono essere in funzione di chi si muove in questa direzione e non più a vantaggio di chi agisce per schieramenti di potere e promette di cambiare tutto perché nulla cambi.
* scipionelaquilano@gmail.com
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