Cinema, 100 autori contro l’arroganza
(di Carlo Di Stanislao) – L’Associazione 100autori si è costituita nel novembre del 2009, nata dal movimento di registi e sceneggiatori raccoltosi in risposta all’appello dei maggiori cineasti italiani per il rinnovamento delle strutture pubbliche che governano il nostro cinema. Lo scorso 16 dicembre l’Associazione aveva inviato una lettera al neo-premier Monti, per la liberalizzazione in campo cinematografico e nel mondo dello spettacolo ed il 21 era intervenuta su l’asta sulle frequenze Tv, raccomandando all’esecutivo di “ compiere un primo ma importante passo verso una reale liberalizzazione dell’etere” e ribadendo che “già nel 2010 – l’asta delle frequenze era uno dei punti qualificanti delle rivendicazioni del movimento Tutti a casa, ma allora sembrava utopistico soltanto proporlo. Mentre oggi si può salutare con favore questa inversione di rotta, riproponendoci di continuare ad incalzare il Governo Monti per far si che apra una stagione di liberalizzazioni dei mercati della cultura e della comunicazione, di fatto i più chiusi e sottoposti al controllo di un ristretto gruppo di operatori”. Oggi, poi, 5 gennaio, in una nuova nota, l’Associazione denuncia il fatto che: “il braccio di ferro sul futuro del Festival di Roma che si sta consumando tra i rappresentanti delle istituzioni conferma una volta di piu’, e purtroppo, come nulla sia cambiato nell’atteggiamento invasivo e arrogante della politica nei confronti del cinema”. “L’Associazione 100autori -prosegue il comunicato- non partecipa a questa polemica sui nomi, perche’ da sempre sostiene il principio che chiunque venga chiamato a gestire snodi cruciali di questo settore – come lo e’ un festival -non rappresenti gli interessi della politica ma sia scelto solo nel rispetto assoluto dei criteri di professionalita’, competenza e trasparenza”. “A questi criteri – sostengono 100autori- certamente corrispondono le figure professionali di Piera De Tassis e di Marco Muller. Scontro che, certamente, non fa bene al Festival di Roma ne’ alla Mostra del Cinema di Venezia. Nella stessa nota l’Associazione ha chiesto che il Sindaco Alemanno e la Presidente della Regione Lazio Polverini “rispettino le procedure stabilite dallo statuto della Fondazione Cinema per Roma per la nomina del direttore, restituendo al Presidente e al CdA il proprio ruolo istituzionale e dimostrando per una volta che l’obiettivo e’ il bene del cinema italiano e non la voglia di lottizzare e prevaricare ogni regola”. Come ricorda la rivista “Sentieri Selvaggi”, dopo la “cacciata” di Marco Muller da parte di Paolo Baratta e la nomina di Alberto Barbera Direttore della Mostra del Cinema di Venezia, si è scatenata una battaglia mediatica, con al centro la “questione” del Festival di Roma. Con un curioso (ma del tutto contingente e fuorviante) rovesciamento di ruoli, segnalato in un articolo di Paola Casella su Europa Quotidiano: la “destra”, attraverso dichiarazioni forti sia del Presidente della Regione Lazio Renata Polverini che del Sindaco di Roma Gianni Alemanno, ha scelto a gran voce di sostenere la candidatura di Marco Muller, mentre la “sinistra”, nei panni di diversi rappresentanti ma su cui spiccano i nomi di Goffredo Bettini, già presidente della Fondazione per Roma ai tempi di Veltroni, e il Presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti (che da poco ha inaugurato un’indispensabile Scuola di Cinema, dedicata a Gian Maria Volontè – al misero costo di 1 milione e 120 mila euro dichiarati – nella Provincia di Roma, che è quella con il più alto numero di Scuole di cinema – private e pubbliche – d’Italia… e ci sarebbe da chiedersi se è corretto che il Pubblico faccia concorrenza “sleale” al Privato con i soldi dei contribuenti, ma tant’è…), si sono schierati a difesa del conservatore e 90enne Presidente del Festival Gian Luigi Rondi. La lotta, è evidente, è elettorale. E Zingaretti ha pubblicamente lanciato la sua candidatura, mentre la Polverini ha usato toni non certo diplomatici nel sostenere la candidatura Muller, minacciando anche la sospensione del finanziamento regionale al Festival. Le conseguenze sono palesi ed inficiano il futuro di un evento culturale di primissimo piano. Ma la vera questione è un’altra ed attiene alla domanda se sia possibile che gli operatori culturali, gli addetti ai lavori del mondo della Cultura e del Cinema, si possano riappropriare del dibattito e delle scelte sulle direzioni culturali dei Festival di Cinema o se occorre rassegnarsi a lasciare anche questo alla “casta” politica, tanto vituperata ma che è una piovra che infila i suoi tentacoli dappertutto. Che le Istituzioni finanzino le manifestazioni culturali è giusto, ma che i “rappresentanti temporanei” delle stesse si arroghino il diritto di considerare come propri quei finanziamenti e di farne quel che vogliono (con il risultato di cambiare ogni volta per inserire personaggi di una parte o dell’altra della sfera politica) è un’aberrazione politico/culturale che ha portato al caso “Bellocchio/Englaro – Giunta regionale Friulana” di queste ultime settimane, con il Consiglio regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, che ha approvato un ordine del giorno ell’Udc (sottoscritto da una trentina di consiglieri regionali rappresentanti di diversi partiti – Pdl, Fli, Lega Nord e anche PD) che si oppone, con faziosi argomenti, alla realizzazione di un film: La Bella Addormentata di Marco Bellocchio, sul caso di Emanuela Englaro. Un caso di censura addirittura preventiva, figlia della lunga storia politica italiana che ha fatto assistere alla graduale sostituzione di una censura conservatrice, operata da soggetti del tutto a digiuno di cinema e obbediente alle logiche dei poteri, con una autocensura sommersa, ancor più infida e efficace, da parte degli stessi registi e produttori, timorosi di non riuscire a diffondere convenientemente le loro opere. Oggi ci tocca apprendere, nelle parole del capogruppo dell’Udc Edoardo Sasco, che finanziare una produzione cinematografica quale La Bella Addormentata di Bellocchio contravverrebbe alla finalità prima dell’erogazione dei finanziamenti, ovvero “promuovere il territorio” (che evidentemente secondo Sasco significa esclusivamente riprendere paesaggi bucolici, alberghi e buffet di prodotti tipici senza toccare nessun argomento sgradito). Le riprese del film sarebbero dovute iniziare a fine gennaio, con Toni Servillo, Alba Rohrwacher, Piergiorgio Bellocchio e Michele Riondino, ma probabilmente ora, non partiranno affatto. Come non partirà, secondo l’aria che tira, il Festival di Roma, come oscurate saranno molte altre realtà “minori” ma non meno illustri ed importanti, come, per stare alla sola nostra regione, il Sulmonafestival e l’Istituto Cinematografioco Lanterna Magica de l’Aquila, sostenuto a parole da alcuni e nei fatti solo da pochissimi e quasi da nessun politico neanche zonale. Per noi innamorati del Cinema (e della cultura come espressione di libertà), a Cinque anni dalla “battaglia” sul Torino Film Festival, la “questione festival” è sempre più al centro del dibattito politico e fuori dal dibattito culturale. Dobbiamo rassegnarci a dover scegliere tra Alemanno e Polverini contro Bettini e Zingaretti, oppure possiamo immaginare un Paese dove ancora ci siano operatori della cultura in grado di esprimere e proporre un vero Progetto? E, per quanto riguarda la periferia, dobbiamo accontentarci delle strumentazioni politiche, con reciproche accuse o aspettarci solidarietà concreta dai politici cittadini e regionali? Dobbiamo almeno protestare, e in ogni ambito ed occasione, sia a livello locale che nazionale, ad ogni nuovo taglio operato su cultura e spettacolo, perché ogni singola posizione persa in questo settori, segna un impoverimento ed un arretramento dai risultati sociali e civili incalcolabili. Così, oltre a protestare per chi parla solo o neanche parla di aiuti alle realtà cittadine illustri come la Lanterna Magica, dobbiamo gettare l’alklarme su fatti nazionali: come i film censurati già in fse progettuale, i festival cancellati, i reiterati segnali, da parte dei network, di ulteriori riduzioni degli investimenti e di incomprensibili cancellazioni di linee editoriali, soprattutto l’annuncio di nuovi tagli sul piano di produzione della fiction Rai, la ventilata, inspiegabile, chiusura di una soap-opera di successo come “Centovetrine”, così come la minacciata cancellazione dei progetti in sviluppo per Rai 3, a fronte di una totale assenza di nuova progettualità editoriale e nuovi investimenti in sviluppo, oltre al drammatico problema occupazionale che determinano, testimoniano ancora una volta come le attuali dirigenze dei maggiori gruppi televisivi italiani, siano completamente incapaci di affrontare le sfide poste dalla crisi, prime fra tutte quelle della qualità e dell’innovazione.
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