Lettere – Noi del dopoguerra


Caro Inabruzzo.com, sono un anonimo, ma capirai che se firmassi, dovrei evitare precisi riferimenti riconoscibili. Consentimi di restare senza firma, fai un’eccezione.
Sono uno del dopoguerra. Noi di quell’epoca avevamo pantaloni con le pezze al sedere ben cucite dal sarto e cappotti “rivoltati” anche due volte. Le sigarette erano Nazionali, cinque alla volta in bustina. Non avevamo i soldi, il sabato, per la pizza, che ci scappava solo di rado. La sera ascoltavamo la radio e la tv non c’era, fino al 1954. Poi comparve, ma solo in poche case, per molti anni. Andavamo a vederla al bar o al cinema, quando c’erano i prezzi popolari al Rex.
Nel 1957 a scuola (eravamo 18 maschi e sette ragazze di cui due carine, ma con il grembiule nero…) i libri erano usati e scarabocchiati. Su 18 maschi, uno solo aveva la Vespa. Le auto erano dei ricchi, manco a pensarci. La patente, del resto, chi ce l’aveva?
Vivevamo senza una lira e l’estate partivamo in bicicletta e sacco in spalla. Con un mio amico, arrivammo – via Pescara – ad Ancona pedalando. In tasca avevo 5.000 lire. Portai a casa, al ritorno, dopo 9 giorni, anche un po’ di resto. E venti chili di meno. Altro che palestre e cure dimagranti…
Il vino andavo a comperarlo ogni giorno con la bottiglia da un litro, in una cantina di via Garibaldi. Mio padre amava i libri e faceva debiti per acquistarne qualcuno, cagionando le furie di mia madre. Per scaldarci, a casa avevamo una stufa a legna di creta color ruggine.
Per me era così, ma anche per molti altri miei coetanei.
Se qualche scalcagnata ragazza accettava di uscire, si andava a pomiciare nei parchi, e si rientrava alle 20, guai a far tardi. I miei vent’anni passarono così, e anche quelli di moltissimi altri. Quando “uscirono” i jeans e gli impermeabili di plastica blu, pochi di noi ne ebbero uno. Al Massimo facevano il film “La tunica”.
All’Università, a Roma o Macerata, si andava solo per gli esami (o con la scusa degli esami), e qualche scappatella con una escort (si chiamavano diversamente, a quei tempi), ora tutti frequentano, persino Legge, e dicono anche che è difficile… Poi cominciò la vita, e ognuno cercò e trovò qualche lavoretto. Io vendevo caramalle e camomilla porta a porta, ai pizzicagnoli di paese.
Ora siamo di nuovo incamminati verso un livello di vita che somiglierà, per tanti, a quel dopoguerra. Ma chi si rassegnerà a rinunciare a tutto ciò che aveva? In tanti l’Italia l’hanno conosciuta ricca, spendacciona, spocchiosa. Penso con melanconia a quei vent’anni da straccioni, senza illusioni e senza sprechi, che forse erano desolati, ma anche salutari e sobri. Ma so di pensarla così in assoluta solitudine. Grazie dell’ospitalità”. Uno che negli anni Cinquanta e Sessanta era ragazzino, povero ma non frustrato.


01 Gennaio 2012

Categoria : Dai Lettori
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