Emergenza, un contentino e un rinvio
Stando alle notizie a caldo che giungono da Roma (alle ore 20,55 nulla è ancora molto chiaro) il Governo avrebbe accordato a Chiodi e Cialente un contentino, e deciso un rinvio. Anzi, come si dice ormai sempre, l’apertura di un tavolo. Il contentino è di tre mesi per i precari e per l’assistenza alla popolazione. Se volete, chiamatelo pure elemosina. L’ennesima, con annessa condanna all’ansia e all’impossibilità di vivere normalmente per centinaia di persone. I precari. Qui ormai si vive come i condannati nel braccio della morte, di rinvio in rinvio. Negazione totale del presente e del futuro. Devastante disvalore sociale.
L’unica notizia che – al momento – sembra sensata è la decisione di sedersi (entro i prossimi tre mesi), valutare le necessità e i costi dell’emergenza, produrre le risorse e gestirle. Se lo avessero fatto uno o due anni fa, vivremmo tutti meglio. Sapremmo quanto serve e quanto c’è, cosa e come spendere. E chi non ha futuro, avrebbe fatto la valigia per andarsene. Che poi, a chi è giovane, è la cosa più consigliabile. Posto che in questo paese, e segnatamente nel cratere, è diventato arduo sopravvivere, se non umiliandosi a chiedere e a tendere la mano. Non è vita, non è dignitoso.
A Roma, quindi, non è andata benissimo. Un compromesso? Chiamatelo così, forse è la parola giusta. Del resto, da banchieri ed economisti nessuno poteva aspettarsi miracoli. Ora il valore umano e politico di chi sta curando questa vicenda si misurerà nei fatti e sul calendario. Tre mesi volano.
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