Ma che Natale è per gli aquilani?
“Ma che Natale è”, il ritornello con la voce di Lucio Dalla in una pubblicità , è una domanda che va benissimo per gli aquilani e per tutti gli altri abitanti del cratere. Infatti, è facile capire che Natale è. La solita umiliante solfa di proteste, richieste, grida, disperazione, amarezza di una popolazione che non ne può più di uno Stato che la costringe a guadagnarsi ogni volta ciò che le è dovuto. Soltanto dovuto.
I soldi per l’emergenza, che durerà per tutto il 2012, dovrebbero essere pronti nel momento in cui si protrae l’emergenza. In un paese normale, sarebbe così. Riconosco che l’emergenza perdura, quindi ecco i soldi. Qui no. I politici debbono strapparsi i capelli e minacciare le dimissioni. La gente deve sedersi attorno ad una tavola natalizia povera e piena di incubi, perchè non sa se il figlio sarà in eterno un precario ricattato, o un cittadino. Chi ha l’autonoma sistemazione, non sa quanto durerà e se durerà . Chi aspetta indennizzi, avrà più incertezze che soldi. Uno strazio, una storia natalizia, pasquale, ferragostana, che dura da tre anni o quasi.
Tutto viene fatto cadere dall’alto, e bisogna elemosinare persino l’aria da respirare. La facciano finita, abbiamo la lealtà di dire: non vi daremo più niente. Avete rotto, basta con gli aiuti, arrangiatevi da soli o smammante verso altri luoghi, emigrate, mangiate radici e bacche. Se è così che la pensano a Roma, debbono solo dirlo e metterci la faccia. La gente saprà cosa fare, perchè da queste parti soffrire e rinunciare, subire uno stato da Miserabili (il romanzo, s’intende), dover pregare la politica, strappare con i denti ogni cosa, è normale. Ci siamo abituati da secoli. Sarebbe un bel Natale se qualcuno avesse il coraggio di parlare chiaro, sotto un cielo di stelle cadenti, come quello di queste notti.
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