Opinioni – Devono essere i giovani a cambiare la politica, o viceversa?
L’Aquila – (di Scipione l’Aquilano) – Giovani e politica, un binomio che appare incompatibile coi tempi che corrono. Perché? Un approccio fallito? Un matrimonio impossibile? Fatto sta che i giovani sono oggi al di là della staccionata … Si dice spesso, e non a torto, che la politica non si occupa a sufficienza dei giovani. D’altro canto, non si può negare che i giovani abbiamo in genere un rapporto piuttosto problematico con il mondo della politica e con tutto ciò che lo riguarda.
Le istituzioni, i partiti, la “casta intoccabile” dei politici sembrano sempre più lontani, completamente avulsi e separati dalla realtà che li circonda e, di conseguenza, del tutto incapaci di fornire risposte concrete e adeguate alle attese dei giovani e ai bisogni quotidiani della società in cui viviamo. Senza contare che le promesse non mantenute, i continui scandali, l’opportunismo, i giochi di potere e la totale mancanza di credibilità di molti – per fortuna non tutti – politici alimentano uno scetticismo, quando non un vero e proprio disgusto, difficili da superare.
Non c’è da meravigliarsi, allora, se tutte le più recenti indagini mostrano un universo giovanile sempre più disinteressato e distante dal mondo della politica, con una percentuale altissima di giovani che dichiarano di provare indifferenza, diffidenza, rabbia o addirittura noia nei confronti delle vicende politiche e di tutto ciò che avviene ai vertici delle diverse realtà istituzionali del nostro Paese. A ben guardare, però, le ragioni profonde di questo crescente allontanamento dalla politica non vanno ricercate in un puro e semplice disinteresse per i destini della nostra società e nel totale disimpegno dei giovani, che – come sostengono in molti – sono ormai completamente avviluppati in una spessa coltre di individualismo e, dunque, non sentono più la responsabilità di collaborare in prima persona alla gestione della cosa pubblica, rimboccandosi le maniche per il benessere della collettività.
In realtà, quel che più li spaventa è l’attuale imbarbarimento della politica, la mancanza di ideali autentici in cui credere e per cui lottare, la paura di non avere la forza di restituire alla politica la sua originaria funzione di servizio alla comunità umana, rimanendo fatalmente invischiati negli squallidi giochi di potere di chi considera la politica unicamente come un modo per perseguire i propri interessi, per arricchirsi indebitamente e per porsi al di sopra delle leggi; insomma come una ricerca del potere fine a se stessa. I giovani, tuttavia, sanno bene che la politica può, e deve, essere altro. Una timida voce interiore, forse la coscienza civica non ancora del tutto sopita, gli ricorda che la politica è l’anima di ogni convivenza civile, è tensione all’uguaglianza e alla giustizia sociale, è insieme contestazione e ricerca del consenso, creatività e responsabilità, senso di unità e dialettica delle differenze. Come ha detto qualcuno, la politica è “l’arte del possibile e la speranza dell’impossibile”.
È vero: questi valori vengono oggi continuamente disattesi. Ma ciò non significa che una politica che metta al centro l’uomo e la sua felicità e che sia ispirata e vivificata dai valori etici e dalla cultura della solidarietà sia soltanto un’utopia irrealizzabile. E forse è proprio dalle nuove generazioni che può venire una positiva spinta al cambiamento. Perché ciò avvenga è, però, necessario che i giovani ricomincino ad avere fiducia nella possibilità di creare una mentalità diversa nella gente, che si facciamo portatori di un nuovo concetto di cittadinanza attiva, in cui il protagonismo e la partecipazione diretta ritornino a sostituirsi all’indifferenza e all’apatia delle deleghe. Ma, soprattutto, è indispensabile che riscoprano il valore della politica come impegno generoso e disinteressato, come amore e responsabilità verso il territorio e la società in cui vivono.
Insomma, devono essere i giovani a cambiare la politica e non la politica a cambiare i giovani.
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