Terremoto, nessuno gestì la cittÃ
L’Aquila – (Processo grandi rischi: alcuni parenti delle vittime assistono alle udienze) – Sindaco insicuro, dunque, dopo la riunione (inutile) della Commissione grandi rischi il 31 marzo 2009 a L’Aquila. Come ha detto ieri in tribunale Massimo Cialente, c’era insicurezza in tutti, a cominciare da lui stesso. E’ stato interpretato come un atteggiamento utile a scagionare la Commissione? Come un tentativo di confermare che la Commissione non diede sicurezza, non infuse calma tra i cittadini, ma restò perplessa di fronte al terremoto?
Sarà anche così, benchè sia difficile ritenere che una simile dichiarazione abbia un peso, dopo tante agghiaccianti testimonianze precedenti, che hanno confermato l’esortazione a sottovalutare il sisma, l’ambiguità degli scienziati (non della scienza), la vacuità irrisolta di quell’organismo dello Stato che dovrebbe valutare i grandi rischi. Tanti, tragicamente, hanno detto che furono rassicurati dalle parole degli scienziati e dalla Commissione. Un atteggiamento diverso non cambierà le cose di molto.
Ciò che invece lascia muti è la ennesima conferma che, in quei giorni di ansia, paura, smarrimento di migliaia di persone, nessuno gestì la città . Alla gente non fu detto nulla di nulla da parte delle istituzioni, della Regione, dello Stato. Ognuno fu abbandonato a se stesso, e ancora oggi, ha urlato Vincenzo Vittorini, L’Aquila rimane una città abbandonata. Sicuramente, una città di macerie non ricostruita e lontana dalla ricostruzione. In un processo ognuno tenta di scagionarsi e di addossare ad altri la responsabilità . Sta avvenendo anche in questo processo. Ma, da quel che finora emerge, pare che tutti abbiano scaricato dalle proprie spalle in fardello del dovere, il proprio ruolo, senza farsi passare per la mente che qualcuno avrebbe dovuto pur parlare alla gente, per dire semplicemente: “Il terremoto non si prevede, le scosse ci sono: possono portare al peggio, come possono finire. Nel dubbio, e conoscendo la storia, siate prudenti e decidete per il meglio. Ma non sottovalutate ciò che sta accadendo”.
Forse davvero pochi, messi in guardia, avrebbero deciso ciò che appariva meno conveniente, cioè rimanere inerti e aspettare che le scosse finissero. Questo emerge dal processo, almeno fino ad oggi. Comprensibile che la rabbia e il dolore per i 309 morti siano ribollenti e tracimanti. Incomprensibile che qualcuno, per calcolo, pensi a scagionare o agisca facendo pensare che voglia scagionare. Doloroso che nessuno, finora, dica: “Sì, sbagliammo, non eravamo preparati a nulla, non funzionava nulla nelle strutture della protezione civile periferica. Il terremoto ci colse di sorpresa, come è accaduto qulache mese fa a New York, dove nessuno ne aveva mai sentito parlare, a livello locale”. Si farà largo questo tipo di onestà intellettuale?
Non c'è ancora nessun commento.