Ancora alluvioni e morti
L’Aquila – (di Carlo Di Stanislao) – Pochi giorni dopo il tragico disastro di Genova, delle Cinque Terra e della Toscana, con le terribili immagini delle vie del Capoluogo ligure, del Piemonte, dell’isola d’Elba, entrate a forza nelle nostre case, un nuovo muro fango e detriti, ieri sera, si è abbattuto su un pugno di case arroccate sul costone di una montagna, in provincia di Messina. Il pezzo di montagna è venuto giù sbriciolandosi sotto 400 millimetri di pioggia e causando, sin’ora, tre morti, fra cui un padre ed un figlio e la scomparsa di una giovane di 24 anni. A Saponara e a Barcellona Pozzo di Gotto, sulla costa tirrenica del messinese, si scava ancora alla ricerca dei dispersi ed arriva il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, inviato a coordinare le operazioni di soccorso dal presidente del Consiglio Mario Monti. Stamani il tempo ha concesso una tregua, ma la situazione resta critica soprattutto a Saponara, a 25 km dal Capoluogo, dove almeno due metri di fango hanno invaso le strade chiudendo case, negozi e uffici e seppellendo letteralmente le automobili trascinate via con furia da un torrente di fango e detriti venuto giù dalla montagna. E si parla di una ennesima tragedia del maltempo, come fosse un fatto ineludibile, come se l’incuria dell’uomo non avesse alcun ruolo in queste tragedie annunciate e ripetute, con sinistra frequenza. In queste ore, in provincia di Catanzaro, tra Feroleto e Marcellinara, un treno è deragliato a causa delle forti piogge, fortunatamente senza gravi conseguenze per la ventina di passeggeri che erano a bordo, mentre sul Capoluogo si è abbattuto un vero e proprio diluvio con tuoni e fulmini e con decine le richieste di intervento giunte al comando dei vigili del fuoco. Il comune di Lamezia Terme ha invitato la cittadinanza ad evitare, se non per motivi strettamente necessari, di uscire di casa. E non è migliore la situazione in Sardegna, fra nuorese ed Ogliastra, dove è già allarme rosso, come in tutta la provincia di Cagliari. Oggi, a Roma, il Sel organizza un appuntamento pubblico per discutere dell’emergenza tutela del territorio: “Terra Nostra. Riassetto, mitigazione,messa in sicurezza del territorio: l’opera pubblica più urgente”, già in svolgimento presso la Sala Conferenze dell’Associazione Centofiori (Via Goito, 35) e con interventi di Fulvia Bandoli,Valerio Calzolaio, Loredana De Petris e conclusione di Nichi Vendola, da sempre attento a questo tipo di problematiche territoriali ed ambientali. Sono tre quarti del totale i Comuni italiani a rischio di alluvione, frane e dissesti di vario genere. Non c’e’ alcun dubbio che questa sia l’opera pubblica più urgente e importante per il nostro Paese, ma anche la più trascurata, rinviata ed accantonata. Dal dopoguerra ad oggi per interventi e indennizzi a disastri avvenuti e dunque a posteriori sono stati spesi 52 miliardi di euro e se contiamo anche i terremoti la spesa arriva a 213 miliardi. Per non parlare dell’inaccettabile costo in vite umane. Eppure, il problema, è di solito affrontato a chiacchiere e senza alcun intervento autentico di natura preventiva o strutturale. “È certo che ci sono molte cause per la violenza dei fenomeni meteo che stanno colpendo il nostro Paese, e che ve ne sono altrettante per i danni e le vittime che producono, compresi il dissesto idrogeologico e la gestione del territorio, ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace – È altrettanto chiaro, però, che questi eventi sono sempre più frequenti e intensi e che, come ha ricordato il presidente Napolitano, essi sono la conseguenza dei cambiamenti climatici prodotti dall’uomo”. Per l’associazione, eventi atmosferici estremi come quelli di queste settimane saranno sempre più frequenti e violenti se non si inverte presto la rotta in materia di emissioni di gas serra. Greenpeace chiede l’impegno della politica e dell’industria energetica e sostiene che “il governo italiano è del tutto latitante, anche in vista della prossima conferenza di Durban, dove si deciderà del futuro del protocollo di Kyoto: l’Italia gioca costantemente una partita di retroguardia nel contrasto ai cambiamenti climatici, anche in sede europea”. Quanto sta accadendo ci dice che il clima è cambiato e gli eventi estremi sono più frequenti; che non s’è sviluppata un’adeguata preparazione per fronteggiare questi eventi, tanto più in un paese dove gran parte del territorio è a rischio idrogeologico. Ad esempio, sono ben 6.633 i comuni in cui sono presenti aree ad alta criticità idrogeologica e ci sono abitazioni costruite in aree pericolose nell’82% dei comuni, aree golenali, vicino alvei e aree a rischio frana e il fenomeno, nel 31% dei casi, riguarda interi quartieri. Ed anche guardando vicino, al nostro stesso territorio e a certi piani che si stanno prospettando, è evidente che al fondo c’è una cultura, a partire dai responsabili del governo del territorio, di sottovalutazione del rischio, con tutte le naturali conseguenze. Così, sei giorni fa, Pescara ha creduto di risolvere il problema esondazione del suo fiume, approntando un piano che prevede l’installazione di tabelloni luminosi agli ingressi delle due aree golenali cittadine, per segnalare, in tempo reale, un eventuale rischio, oltre al ripristino delle sirene d’allarme su tutto il territorio, a partire da Borgo marino sud e nord, per allertare la marineria e la costituzione di una task force con Provincia e Prefettura per il coordinamento di azioni di prevenzione e soccorso. Naturalmente nessun piano per far si che tali rischi siano di fatto resi inesistenti.
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